Vegetariani, vegani: ancora nicchie di mercato?
Diete e regimi alimentari a base di vegetali sono ormai entrati nel mainstream, con vari ricercatori che hanno definito il veganismo la tendenza alimentare numero uno dei prossimi anni. E questa tendenza è dilagante nei principali mercati del vino del mondo.
Ad esempio, c’è stato un aumento del 600% delle persone che si identificano come vegani negli Stati Uniti negli ultimi anni. Secondo un rapporto della società di ricerca GlobalData, solo l’1% dei consumatori statunitensi affermava di essere vegano nel 2014. Nel 2017 tale numero era già salito al 6%.
Nel Regno Unito il numero di vegani è aumentato del 350% rispetto a un decennio fa, secondo una ricerca commissionata dalla Vegan Society in collaborazione con la rivista Vegan Life. Oltre 600.000 britannici si considerano vegani e l’aumento non mostra segni di diminuzione.
Anche la Cina sta diventando vegana: le previsioni di crescita del mercato vegano cinese erano di oltre il 17% tra il 2015 e il 2020. E a Hong Kong, il 22% della popolazione dichiara di praticare una qualche forma di dieta a base vegetale.
In Italia, secondo una ricerca Eurispes del 2020, citata in un recente articolo de Il Gusto, i vegani sarebbero il 2,2% della popolazione italiana, mentre il 6,7% sarebbe vegetariano: un dato in crescita costante anno su anno. Inoltre, come riporta l’Osservatorio Veganok, il numero di prodotti vegani distribuiti nella GDO è cresciuto del 3,1% tra marzo e settembre 2020, mentre le vendite sono cresciute del +5,1% (sesta edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy).
Dobbiamo quindi considerare come questo trend coinvolga anche tutto il mondo della ristorazione, da quella casual a quella formale, da quella tradizionale al fine dining, cui è richiesto di prevedere piatti e menù interi volti a soddisfare questa crescente richiesta. Non significa che tutti stiano divenendo vegetariani o vegani, ma molte persone si stanno trasformando in “riduzionisti” o “onnivori selettivi”, scegliendo sempre più spesso nella loro dieta alimentare cibi e piatti dove la componente animale non è inclusa in molti pasti, anche quando si recano al ristorante, in trattoria o in pizzeria.
Dato l’aumento dell’interesse per il cibo vegetariano e vegano, è sorprendente che non ci sia stato più interesse per vini (e anche per birre) senza derivati animali. Ciò potrebbe essere dovuto a due ragioni: o i bevitori di vino (erroneamente) presumono che tutti i vini non siano solo “vegetariani” ma anche vegani, oppure che i vegani non consumino vino. Mentre è molto improbabile che un bicchiere di vino contenga parti di animali, ci sono due metodi non vegani abbastanza comuni per chiarificare il vino.
Tradizionalmente, un gran numero di vini veniva regolarmente chiarificato con albumi per rimuovere i tannini indesiderati o per esaurire i lieviti avanzati. Oggi è più comune l’utilizzo di albume d’uovo essiccato in polvere oppure di colla di pesce, ricavata da vesciche di pesce essiccate (è usata anche nella birra). Allo stesso modo, la gelatina (animale) o la caseina (proteine del latte) vengono talvolta aggiunte per la chiarificazione del succo prima della fermentazione.
I produttori sostengono che tutti gli agenti chiarificanti vengono rimossi prima dell’imbottigliamento, ma alcune ricerche affermano che potrebbero rimanere piccole quantità. Sono state immesse in commercio molte opzioni vegane, di solito prodotti a base di argilla o carbone, e queste sono sempre più utilizzate. I vini naturali e altri vini non interventisti a volte vengono imbottigliati non filtrati e saranno quindi probabilmente “vegani”. Tuttavia, un vino biologico o biodinamico non è necessariamente vegetariano o vegano.
Oggigiorno la maggior parte dei vini sono vegani, ma può essere molto difficile saperlo guardando la bottiglia, poiché pochissimi danno dettagli sull’etichetta. Esistono tuttavia diverse eccezioni: è crescente il numero di bottiglie che riportano sull’etichetta posteriore l’indicazione se il vino è vegetariano o vegano.
È davvero importante per il consumatore di vino? Wine Intelligence ed altre agenzie svolgono regolarmente ricerche sui consumatori regolari di vino da cui emerge come le categorie “vegetariano” e “vegano” siano considerate ancora di minore importanza, con una piccola percentuale dei bevitori, sebbene crescente negli anni, che mostrava interesse (rispetto ad esempio al vino biologico, biodinamico o sostenibile). Tuttavia, sospettiamo che il numero effettivo potrebbe essere più alto, poiché molti consumatori potrebbero non essere consapevoli del fatto che il vino non è sempre adatto ai vegani.
Forse in futuro, qualora i produttori fossero obbligati per legge a riportare etichette con avvertenze per la salute, includeranno anche queste informazioni.
Ma è indubbio che la scelta di un’alimentazione prevalentemente o esclusivamente vegetale si stia diffondendo, anche in relazione al crescente interesse delle persone per uno stile di vita più sostenibile e salutare che ormai stanno sfiorando il 10% della popolazione. Stile di vita che, come scrive Sara Porro in un articolo di questi giorni ancora su Il Gusto (lo trovate qui!), deve essere preso ormai in considerazione dai sommelier e da chi si occupa di comunicazione del vino, in quanto potrebbe rivoluzionare tutto il mondo degli abbinamenti cibo-vino.
Diete e regimi alimentari a base di vegetali sono ormai entrati nel mainstream, con vari ricercatori che hanno definito il veganismo la tendenza alimentare numero uno dei prossimi anni. E questa tendenza è dilagante nei principali mercati del vino del mondo.
Ad esempio, c’è stato un aumento del 600% delle persone che si identificano come vegani negli Stati Uniti negli ultimi anni. Secondo un rapporto della società di ricerca GlobalData, solo l’1% dei consumatori statunitensi affermava di essere vegano nel 2014. Nel 2017 tale numero era già salito al 6%.
Nel Regno Unito il numero di vegani è aumentato del 350% rispetto a un decennio fa, secondo una ricerca commissionata dalla Vegan Society in collaborazione con la rivista Vegan Life. Oltre 600.000 britannici si considerano vegani e l’aumento non mostra segni di diminuzione.
Anche la Cina sta diventando vegana: le previsioni di crescita del mercato vegano cinese erano di oltre il 17% tra il 2015 e il 2020. E a Hong Kong, il 22% della popolazione dichiara di praticare una qualche forma di dieta a base vegetale.
In Italia, secondo una ricerca Eurispes del 2020, citata in un recente articolo de Il Gusto, i vegani sarebbero il 2,2% della popolazione italiana, mentre il 6,7% sarebbe vegetariano: un dato in crescita costante anno su anno. Inoltre, come riporta l’Osservatorio Veganok, il numero di prodotti vegani distribuiti nella GDO è cresciuto del 3,1% tra marzo e settembre 2020, mentre le vendite sono cresciute del +5,1% (sesta edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy).
Dobbiamo quindi considerare come questo trend coinvolga anche tutto il mondo della ristorazione, da quella casual a quella formale, da quella tradizionale al fine dining, cui è richiesto di prevedere piatti e menù interi volti a soddisfare questa crescente richiesta. Non significa che tutti stiano divenendo vegetariani o vegani, ma molte persone si stanno trasformando in “riduzionisti” o “onnivori selettivi”, scegliendo sempre più spesso nella loro dieta alimentare cibi e piatti dove la componente animale non è inclusa in molti pasti, anche quando si recano al ristorante, in trattoria o in pizzeria.
Dato l’aumento dell’interesse per il cibo vegetariano e vegano, è sorprendente che non ci sia stato più interesse per vini (e anche per birre) senza derivati animali. Ciò potrebbe essere dovuto a due ragioni: o i bevitori di vino (erroneamente) presumono che tutti i vini non siano solo “vegetariani” ma anche vegani, oppure che i vegani non consumino vino. Mentre è molto improbabile che un bicchiere di vino contenga parti di animali, ci sono due metodi non vegani abbastanza comuni per chiarificare il vino.
Tradizionalmente, un gran numero di vini veniva regolarmente chiarificato con albumi per rimuovere i tannini indesiderati o per esaurire i lieviti avanzati. Oggi è più comune l’utilizzo di albume d’uovo essiccato in polvere oppure di colla di pesce, ricavata da vesciche di pesce essiccate (è usata anche nella birra). Allo stesso modo, la gelatina (animale) o la caseina (proteine del latte) vengono talvolta aggiunte per la chiarificazione del succo prima della fermentazione.
I produttori sostengono che tutti gli agenti chiarificanti vengono rimossi prima dell’imbottigliamento, ma alcune ricerche affermano che potrebbero rimanere piccole quantità. Sono state immesse in commercio molte opzioni vegane, di solito prodotti a base di argilla o carbone, e queste sono sempre più utilizzate. I vini naturali e altri vini non interventisti a volte vengono imbottigliati non filtrati e saranno quindi probabilmente “vegani”. Tuttavia, un vino biologico o biodinamico non è necessariamente vegetariano o vegano.
Oggigiorno la maggior parte dei vini sono vegani, ma può essere molto difficile saperlo guardando la bottiglia, poiché pochissimi danno dettagli sull’etichetta. Esistono tuttavia diverse eccezioni: è crescente il numero di bottiglie che riportano sull’etichetta posteriore l’indicazione se il vino è vegetariano o vegano.
È davvero importante per il consumatore di vino? Wine Intelligence ed altre agenzie svolgono regolarmente ricerche sui consumatori regolari di vino da cui emerge come le categorie “vegetariano” e “vegano” siano considerate ancora di minore importanza, con una piccola percentuale dei bevitori, sebbene crescente negli anni, che mostrava interesse (rispetto ad esempio al vino biologico, biodinamico o sostenibile). Tuttavia, sospettiamo che il numero effettivo potrebbe essere più alto, poiché molti consumatori potrebbero non essere consapevoli del fatto che il vino non è sempre adatto ai vegani.
Forse in futuro, qualora i produttori fossero obbligati per legge a riportare etichette con avvertenze per la salute, includeranno anche queste informazioni.
Ma è indubbio che la scelta di un’alimentazione prevalentemente o esclusivamente vegetale si stia diffondendo, anche in relazione al crescente interesse delle persone per uno stile di vita più sostenibile e salutare che ormai stanno sfiorando il 10% della popolazione. Stile di vita che, come scrive Sara Porro in un articolo di questi giorni ancora su Il Gusto (lo trovate qui!), deve essere preso ormai in considerazione dai sommelier e da chi si occupa di comunicazione del vino, in quanto potrebbe rivoluzionare tutto il mondo degli abbinamenti cibo-vino.