Organic food by Getty Images

Ma biologico e sostenibile interessano veramente a qualcuno?

Da alcuni anni stiamo leggendo articoli e report sulle nuove generazioni, i cosiddetti Millennial (che oggi hanno abbondantemente superato i loro 30 anni e oltre) e Generazione Z (ossia gli attuali ventenni), sui loro ideali e valori ma, soprattutto, su come questi si traducano in comportamenti di acquisto.

Uno degli assiomi più consolidati è quello che i “giovani” siano molto più sensibili alle tematiche ambientali delle generazioni precedenti e che questo si traduca in scelte e azioni che vedano nella sostenibilità (in senso ampio) un valore diffuso e condiviso. Questo porterebbe a un maggiore acquisto di prodotti ispirati all’etica, dalla riduzione degli sprechi al riutilizzo (concetto che può andare dal “second hand” dell’abbigliamento alle scarpe sportive fatte con plastica riciclata dal mare), dal risparmio energetico ad un’alimentazione biologica, maggiormente vegetariana (o, come si usa dire oggi, “plant based”).

Ebbene, come ben documentato nell’articolo di Robert Joseph su Wine Business International, i dati non sembrano confermare questa teoria che sembrava assodata o, perlomeno, gli ideali non si traducono automaticamente in comportamenti conseguenti. Anzi, il biologico sta vendendo meno mentre discount di primo prezzo o multinazionali del fast-food aumentano i loro fatturati.

Questo può essere un fenomeno transitorio, influenzato in particolare dagli anni post-Covid in cui l’incertezza e un’economia stagnante e inflattiva sta mettendo a dura prova il nostro portafogli e la nostra capacità di spesa. Tuttavia, per chi si occupa di marketing nel settore wine&food, è sicuramente un fattore da tenere monitorato per adeguare le politiche commerciali e promozionali di aziende vinicole, ristoranti o aziende agricole che hanno scelto di sposare un’offerta aderente anche alle tematiche ambientali e sostenibili. Preoccupazione no, ma attenzione si.

Da alcuni anni stiamo leggendo articoli e report sulle nuove generazioni, i cosiddetti Millennial (che oggi hanno abbondantemente superato i loro 30 anni e oltre) e Generazione Z (ossia gli attuali ventenni), sui loro ideali e valori ma, soprattutto, su come questi si traducano in comportamenti di acquisto.

Uno degli assiomi più consolidati è quello che i “giovani” siano molto più sensibili alle tematiche ambientali delle generazioni precedenti e che questo si traduca in scelte e azioni che vedano nella sostenibilità (in senso ampio) un valore diffuso e condiviso. Questo porterebbe a un maggiore acquisto di prodotti ispirati all’etica, dalla riduzione degli sprechi al riutilizzo (concetto che può andare dal “second hand” dell’abbigliamento alle scarpe sportive fatte con plastica riciclata dal mare), dal risparmio energetico ad un’alimentazione biologica, maggiormente vegetariana (o, come si usa dire oggi, “plant based”).

Ebbene, come ben documentato nell’articolo di Robert Joseph su Wine Business International, i dati non sembrano confermare questa teoria che sembrava assodata o, perlomeno, gli ideali non si traducono automaticamente in comportamenti conseguenti. Anzi, il biologico sta vendendo meno mentre discount di primo prezzo o multinazionali del fast-food aumentano i loro fatturati.

Questo può essere un fenomeno transitorio, influenzato in particolare dagli anni post-Covid in cui l’incertezza e un’economia stagnante e inflattiva sta mettendo a dura prova il nostro portafogli e la nostra capacità di spesa. Tuttavia, per chi si occupa di marketing nel settore wine&food, è sicuramente un fattore da tenere monitorato per adeguare le politiche commerciali e promozionali di aziende vinicole, ristoranti o aziende agricole che hanno scelto di sposare un’offerta aderente anche alle tematiche ambientali e sostenibili. Preoccupazione no, ma attenzione si.