Food Porn: il cibo nell’era social

Quando sentiamo parlare di food porn inevitabilmente il nostro pensiero va alle migliaia di foto su Instagram a cui è associato questo hashtag. Ma quali sono le origini del termine e come si è impossessato della nostra società?

Uno dei primi usi si ritrova nel 1977 in un articolo di Alexander Cockburn che sosteneva che il vero “gastro-porno” proviene da un senso di irraggiungibile e da fotografie di cibi colorati e ricette completate. Più tardi, nel 1984, la scrittrice Rosalind Coward lo usa nel libro Female Desire. Women’s Sexuality Today sostenendo che l’impiattamento e la bella presentazione di un cibo sono un atto estetico e di sottomissione femminile che serve a dimostrare le proprie capacità e abilità senza andare a ricercare il procedimento e la preparazione.
Insomma, ciò che contava era il desiderio che suscitava quel piatto, un desiderio paragonabile a quello sessuale.

Oggi il food porn ha visto un evoluzione del suo significato e potremmo quasi dire un ribaltamento di quello che la scrittrice inglese sosteneva, assumendo una sua valenza e importanza nel nostro mondo digitalizzato, vuoi perché siamo bombardati dall’estetica dell’immagine, vuoi perché in questo ultimo anno (già, ormai parliamo di un anno di pandemia di Covid-19) abbiamo riscoperto il cibo, il cibo fatto in casa, la soddisfazione di preparare noi stessi le pietanze e di condividere le nostre creazioni con gli altri.

Ma andiamo con ordine. Sicuramente l’hashtag #foodporn che nel momento in cui questo articolo viene scritto conta 256 Milioni (sì, Milioni) di citazioni nei post soltanto su Instagram, è un termine inglese, facilmente impiegabile e comprensibile in qualsiasi lingua e utilizzabile quindi a livello internazionale.
Ci riporta a un mondo fatto di immagini e di estetica, a un modo quasi lussurioso del mangiare e del vivere.
Questo termine viene indubbiamente unito in un binomio perfetto con la fotografia enogastronomica, diventata un must nella nostra contemporaneità che racchiude in sé una storia fatta di persone e di esperienze.

Di food porn e dell’approccio al cibo e alla cucina nella nostra società possiamo leggerne nel libro di recente pubblicazione, Aggiungi un selfie a tavola. Il cibo nell’era dei food porn media, scritto dai sociologi Luisa Stagi e Sebastiano Benasso per Egea (marzo 2021). I due studiosi sostengono che nella nostra contemporaneità siamo bombardati da immagini di cibo, dalla televisione ai social, dai giornali ai magazine di settore e tanto altro e ciò da’ avvio e concretezza ad un nuovo modo di vivere e di approcciarsi a questo mondo. Tale varietà di media che ci veicolano l’idea del cibo, da quello tradizionale al gourmet, ci spingono a non poterne fare più a meno, a risultare dipendenti da queste immagini che talvolta diventano sogni, desideri.

Ad avvalorare queste sensazioni ci sono i social network, soprattutto Instagram, che hanno ricoperto un ruolo cardine nel permetterci di pubblicare, costantemente, immagini di cibo, dei pranzi e cene home made, contribuendo a creare una sensazione di unità e a farci sentire meno soli.
La pubblicazione sui social tramite le nostre fotografie dell’esperienza del cucinare e del mangiare ci ha infatti aiutato a superare momenti difficili e a farci sentire parte di una grande comunità, scalfendo il senso di solitudine e di egocentrismo a cui la nostra società ci aveva portato e facendoci sentire parte di un grande insieme fatto di valori, desideri e gusti simili.

Ecco allora che il termine food porn, diventato di tendenza, trend topic per usare il gergo social, ha assunto una valenza esperienziale che unisce persone di tradizioni diverse che hanno in comune la passione per il cibo e una spiccata estetica del gusto, che condividono con il mondo social la loro avventura enogastronomica e invitano tutti quanti, virtualmente, a prenderne parte.

Quando sentiamo parlare di food porn inevitabilmente il nostro pensiero va alle migliaia di foto su Instagram a cui è associato questo hashtag. Ma quali sono le origini del termine e come si è impossessato della nostra società?

Uno dei primi usi si ritrova nel 1977 in un articolo di Alexander Cockburn che sosteneva che il vero “gastro-porno” proviene da un senso di irraggiungibile e da fotografie di cibi colorati e ricette completate. Più tardi, nel 1984, la scrittrice Rosalind Coward lo usa nel libro Female Desire. Women’s Sexuality Today sostenendo che l’impiattamento e la bella presentazione di un cibo sono un atto estetico e di sottomissione femminile che serve a dimostrare le proprie capacità e abilità senza andare a ricercare il procedimento e la preparazione.
Insomma, ciò che contava era il desiderio che suscitava quel piatto, un desiderio paragonabile a quello sessuale.

Oggi il food porn ha visto un evoluzione del suo significato e potremmo quasi dire un ribaltamento di quello che la scrittrice inglese sosteneva, assumendo una sua valenza e importanza nel nostro mondo digitalizzato, vuoi perché siamo bombardati dall’estetica dell’immagine, vuoi perché in questo ultimo anno (già, ormai parliamo di un anno di pandemia di Covid-19) abbiamo riscoperto il cibo, il cibo fatto in casa, la soddisfazione di preparare noi stessi le pietanze e di condividere le nostre creazioni con gli altri.

Ma andiamo con ordine. Sicuramente l’hashtag #foodporn che nel momento in cui questo articolo viene scritto conta 256 Milioni (sì, Milioni) di citazioni nei post soltanto su Instagram, è un termine inglese, facilmente impiegabile e comprensibile in qualsiasi lingua e utilizzabile quindi a livello internazionale.
Ci riporta a un mondo fatto di immagini e di estetica, a un modo quasi lussurioso del mangiare e del vivere.
Questo termine viene indubbiamente unito in un binomio perfetto con la fotografia enogastronomica, diventata un must nella nostra contemporaneità che racchiude in sé una storia fatta di persone e di esperienze.

Di food porn e dell’approccio al cibo e alla cucina nella nostra società possiamo leggerne nel libro di recente pubblicazione, Aggiungi un selfie a tavola. Il cibo nell’era dei food porn media, scritto dai sociologi Luisa Stagi e Sebastiano Benasso per Egea (marzo 2021). I due studiosi sostengono che nella nostra contemporaneità siamo bombardati da immagini di cibo, dalla televisione ai social, dai giornali ai magazine di settore e tanto altro e ciò da’ avvio e concretezza ad un nuovo modo di vivere e di approcciarsi a questo mondo. Tale varietà di media che ci veicolano l’idea del cibo, da quello tradizionale al gourmet, ci spingono a non poterne fare più a meno, a risultare dipendenti da queste immagini che talvolta diventano sogni, desideri.

Ad avvalorare queste sensazioni ci sono i social network, soprattutto Instagram, che hanno ricoperto un ruolo cardine nel permetterci di pubblicare, costantemente, immagini di cibo, dei pranzi e cene home made, contribuendo a creare una sensazione di unità e a farci sentire meno soli.
La pubblicazione sui social tramite le nostre fotografie dell’esperienza del cucinare e del mangiare ci ha infatti aiutato a superare momenti difficili e a farci sentire parte di una grande comunità, scalfendo il senso di solitudine e di egocentrismo a cui la nostra società ci aveva portato e facendoci sentire parte di un grande insieme fatto di valori, desideri e gusti simili.

Ecco allora che il termine food porn, diventato di tendenza, trend topic per usare il gergo social, ha assunto una valenza esperienziale che unisce persone di tradizioni diverse che hanno in comune la passione per il cibo e una spiccata estetica del gusto, che condividono con il mondo social la loro avventura enogastronomica e invitano tutti quanti, virtualmente, a prenderne parte.